riesco meglio ad affogare

E se staccano la mano che mi regge dalla pancia la paura è tanta,non mi sento ancora pronto.

sabato 30 gennaio 2010

Danny il temerario,Candy è scomparsa


Ormai Matilda aveva raggiunto il culmine quel pomeriggio.
Sala da fumatori in un centro scommesse completamente ubriaca.
Suonava sorprendente la scelta che solo 168 ore più avanti avrebbe chiuso con quella vita.
Avrebbe smesso insieme a lui,avrebbero trovato qualcosa di bello da fare.
Basta con l'alcol,basta fumare.
Avrebbero ricominciato una vita tranquilla,da far invidia a Tricarico.
Bastava cercare qualcosa di bello da fare,in fondo eran solo 7 giorni.
Lui era un essere speciale,una meravigliosa creatura.
Le ricordava sempre uno di quei punk amici di Christiaine F,di quelli adulti e affascinanti che la facevano impazzire.
Avrebbe fatto benissimo parte della coreografia dello Zoo di Berlino.
Lei lo adorava,lo idolatrava,lui la spaventava.
Era un esubero di caos ai suoi occhi,un Big Bang carico di emozioni mai provate.
Lei mai e poi mai sarebbe riuscita a tenergli testa.
Forse non era altro che una marionetta nelle sue mani.
Però la ammaliava,anche solo con semplici parole.
E nessuno come lui riusciva a trasmetterle simili emozioni.
Perché era una persona difficile,un caso clinico da Valium,un drogato di Xanax e Paroxetina.
E la gente non l'aveva mai soddisfatta.
Voleva una convivenza,Matilda,più di ogni altra cosa.
Voleva essere l'opera d'arte di qualcuno. Voleva essere la sua Candy,il suo paradiso.
Non desiderava davvero altro.
Sapeva che però tutto ciò era irrealizzabile.
E mentre lei era lì a scolarsi litri e litri di birra chissà che cosa stava facendo lui.
Quante altre donne avrebbe incontrato.
Quante ne avrebbe scopate,forse per amore,forse per inerzia.
Si sentiva una nullità ai suoi occhi,una sigaretta da fumare e gettar via.
E ora che l'alcol era entrato in circolo era più facile esprimere le sue emozioni.
In fondo non era colpa sua se era nata nel lato del mondo giusto,nel posto più sbagliato.
In fondo non era colpa sua se le sue esperienze l'avrebbero portata a un maturamento pari a un elettrocardiogramma piatto.
In fondo lei non ne poteva davvero nulla.
E poi poco importava se la vita era una merda,avrebbe tirato avanti comunque.
Lo stesso Buk diceva che nulla profumava meglio della merda dei poeti.
E il vecchio Charles non era poi così diverso dal caro signore baffuto che offriva birra in stazione,che seppur non pensasse al denaro e al cielo a donne andava lo stesso.
Al massimo sarebbe stata fottuta un'altra volta,silenziosamente,tenendosi le lacrime dentro.
Non avrebbe emesso un sussulto se non per colpa del suo cuore.
E peggio di così non poteva andare,se non distruggendo tazzine al bar o programmando rave diurni in parchi sovraffollati di genitori con bimbi al seguito.
E non tutti partivano in treno alle nove di sera,altri andavan via solo di cervello.
E se tutto ciò che accadeva avesse avuto bisogno di un senso il giorno quasi concluso apparteneva al paradosso,bisognava ammetterlo.
E in fondo Joey le sorrideva ora che aveva un'aria così felice,probabilmente bastava davvero così poco.
E se Pascal riteneva che ci sono ragioni del cuore che sfuggono al controllo della mente,Matilda credeva in una visione molto più moderna della frenesia.
Qual'è il prezzo della passione?
Il paradiso? L'inferno?

domenica 24 gennaio 2010

dieci denti (de)cadenti



Credevano che si sarebbero salvati,almeno loro.
Si sentivano moralmente superiori,si credevano artisti incorruttibili.
Poi si sono venduti,come tutti quanti,pure loro.
L'idea di un eterno novembre avrebbe stroncato chiunque,Carducci per primo,che tanto ne parlava come se nulla fosse.
E più che la bile nera della milza avrebbe patito il fegato.
Era triste ammettere alle volte di esser davvero stronzi,ma in certe occasioni alcune cose andavano ammesse.
In fondo forse era colpa dei padri se nascevamo così,da qualcuno si doveva ben aver preso.
Ed avere una figlia con i miei connotati sarebbe stato forse un crimine difficile da motivare,non sarebbe bastata una scusante di amori incestuosi e affinità cerebrali.
E lo stesso avrei potuto dire del mio di padre,ma questa è una storia diversa,che non mi va di raccontare.
Lo stress continuava a lasciare scie non indifferenti,come gli aereoplani, e Matilda avrebbe morso volentieri qualcuno dal nervoso.
Tutto ciò che restava nel suo cervello dopo tante ore di studio era l'abbraccio di Schiele.
Lui davvero era riuscito a rappresentare le contraddizioni del mondo con quell'opera,la passione e la disperazione di un addio difficile da accettare.
Come quello di Lidia per Carducci,forse più simile agli Addii di Boccioni,un altro di quei futuristi che non avevano capito come girasse il mondo,ahimé.
Quei due amanti costretti ad addio odiato,dovuto forse solo alle ambizioni di guerra di una società semplicemente imbarazzante facevano trasalire.
Ed è qui che Schiele aveva la meglio su Boccioni.
Pensare alla guerra come progresso era come mettere i vestiti a quegli amanti.
Distruggere tutto ciò che avevan da trasmettere.
A noi,a loro stessi.
Dichiararli colpevoli e non sconfitti.
Decadentemente nudi.
Io avrei voluto aver Matilda come caso clinico da aiutare.
L'avrei curata come solo Battiato avrebbe saputo insegnarmi.
L'avrei salvata da ogni malinconia.
Perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te.

venerdì 15 gennaio 2010

ed assomiglio ai muri che trattengono i rumori


Matilda ascoltando quella canzone aveva un’immagine fissa nella sua testa. Si vedeva sempre intenta a raccogliersi con un cucchiaio come se stesse affondando in un immensa tazza di latte. Con tanto di cereali,forse. E quella era l’unica via di salvezza,l’unico modo per non affondare. E nonostante lo zucchero versato nella ciotola il naufragar non era affatto dolce in quel mar. Come potesse esserle tornato in mente tutto ciò quella mattina quasi lo ignorava. Probabilmente erano state le parole di Joey la sera prima ad averle rievocato tutto ciò. Le mattinate erano sempre eterne,intervallate sempre da eterni viaggi mentali. Quel giorno voleva ritrovarsi immediatamente a Parigi,voleva vedere il centre Pompidou. Mai era stata interessata a un posto simile,finché non aveva scoperto che al suo interno vi era un museo d’arte moderna. Per un attimo si era ritrovata lì dentro come per magia. Avrebbe chiesto al protagonista del nulla dei Baustelle di portarla via con se.
“Sai di caffé di Parigi,portami via con te.”
Sarebbe finita in qualche bar della rive gauche a fingersi una radical chic.
Per poi ritornare alla realtà e ritrovarsi ad ascoltare le lezioni di vita di Etty Hillesum,che in fondo non era poi così diversa da lei. Certo lei non avrebbe mai patito i mali del campo di concentramento,ma invidiava la capacità di Etty di riuscire a condurre la sua vita nel migliore dei modi che lei potesse desiderare. Aveva lasciato anche un segno tangibile del suo passaggio nel mondo,poi. Cos’altro avrebbe dovuto chiedere? Vivere in eterno una vita spregevole? L’unica cosa che l’aveva angosciata alquanto era il pensare che in qualche modo le fosse subito venuto in mente Kurt Cobain e Luigi Tenco in tutto ciò. E che forse per lei tutto quel dolore fosse quasi stata una manna dal cielo,per non dover condurre un’esistenza triste e priva di scopo. Un po’ come quei due grandissimi geni avevano detto addio al mondo dopo aver lasciato un segno immane di se stessi. Forse anche lei desiderava una fine gloriosa,una fine felice avvolta in un lenzuolo quasi come gli eroi,per evitarsi la paura di arrugginire. Perché alla fine nemmeno Luigi ci credeva quando cantava Vedrai vedrai,vedrai che cambierà,forse non sarà domani ma un bel giorno cambierà…
Fu però ridendo alla morte del padre di Pascoli che si rese conto di esser cinica. Non che la cosa le facesse ridere,affatto. Solo le sembrava una tavoletta qualunque. In verità stava pensando ai fatti suoi,ma la cosa la lasciava altresì allibita. Di solito era sempre emozionata all’idea di seguire lezioni di letteratura. Solo che quel giorno un altro pensiero le scavava il cervello. La paura di restare sola come quell’ aratro in mezzo alla maggese. E non sarebbe mai stata più domenica.

Intanto io desideravo alla follia un bouquet di viole come un vero cantante tra le nuvole.
Desideravo riuscire a vedere il mondo in chiave estetica. Volevo prendere il posto di mio padre,non il mio vero padre,ma l’uomo che mi aveva insegnato tutto,ucciso in un sogno precedente.
Volevo una foto che richiamasse subito alla mente la sua tanto amata Bouquet.
E pensavo al contempo che saremmo passati di moda anche noi. E intanto stavo sotto la neve fuori al freddo per non disturbare gli alcolisti che bevevano in stazione. Non credevo di purificarmi,temevo solo di ammalarmi. Sembravano ormai duemila anni che non vedevo più i miei amici. Forse ero io che non uscivo più di casa.

giovedì 14 gennaio 2010

futuristi senza futuro



Sant’Elia aveva avuto tanti progetti nella sua vita. In verità ne aveva disegnati tanti. Poi era andato in guerra ed era morto senza lasciare nulla al mondo. I suoi cari amici futuristi si erano resi conto di esser dei perfetti idioti a creder in certi ideali. Lui però il suo segno non l’aveva lasciato,anche se era morto per gli stessi valori e di idee ne aveva proprio tante. Discutibili,certo,ma proprio tante. Matilda l’aveva odiato subito,come odiava molti altri personaggi simili.
Ma c’era qualcosa in lui che la affascinava. O meglio,non le usciva dalla testa. Forse temeva di far la sua stessa fine,ovvio non arruolandosi in qualche esercito per combattere una guerra in qualche sperduto luogo della Terra,ma uccider i suoi pensieri adolescenziali senza lasciarne alcun ricordo. Sprecare quello che riteneva un suo “talento” nel peggiore dei modi,tenendoselo tutto per sé in modo assai egoistico. E questa cosa la disgustava tremendamente. Non che fosse particolarmente interessata ad ottenere la fama e il successo,anzi,era abbastanza repulsiva verso la popolarità.
Solo si sentiva in obbligo di dimostrare a tutti di esser in grado di sbalordire con la sola arma che possedeva. Ovvero ciò che si rimescolava nella sua testa. Forse era venuta al mondo proprio per fare ciò che altri non erano riusciti a portare a termine.

martedì 12 gennaio 2010

se non vuoi riderci su,ridici giù



Anche quella mattina era stato un incubo svegliarsi. Scendere dal letto senza conoscere il perché. Soliti volti,soliti discorsi di sempre. La monotonia distrugge l'essere umano più che le bombe a mano. Poi eravamo ancora in piena guerra fredda,non ci parlavamo ma esplodevamo di pensieri. Seghe mentali difficili da spiegare,che siamo amici e nemmeno amanti io e Lorenzo. E se c'è qualcosa di tremendo è doversi tener dentro le cazzate di ogni giorno,poterle raccontare ogni tanto solo a Matilda. In radio scorrevano notizie patetiche,narravano di come non fosse l'immigrazione a creare il lavoro nero,ma il lavoro nero a creare immigrazione. Mi crolla tutto ora che scopro che i clandestini non sono qui per turismo ad ammirare le bellezze dell'Italia. Dubbi amletici sulla natura di un romantico a Milano,che se non fosse Oscar Wilde avrei gettato ore e ore della mia vita. Che per tentare di parlarti vendo l'anima al demonio. Poi mi dicono che gli idoli della mia adolescenza sono persone noiose,ed effettivamente hanno ragione. Tanto anche oggi non riuscirò a prender sonno e penserò che mi sento tremendamente solo. Tanto il mondo non deve tener conto di me,gli anelli deboli della catena sono da sempre destinati a soccombere. Tanto non c'è la cura,e questa volta Bianconi ha la meglio su Battiato. Due B a confronto,a quanto pare. Negli stessi fiumi torneremo all'infinito e per quanto l'acqua possa esser cambiata finiremo ancora per bagnarci. Sul latte versato io ci piango comunque,anche se non costa più 70 lire. Anche se è avariato. E' pur sempre uno spreco,e certe cose non vanno giù nemmeno con un pò di zucchero. Ed ormai l'unico passatempo che mi resta è scrivere,ma finisco sempre per copiare Vasco Brondi. E la cosa irrita,assai. In fondo dovrei gioire poiché ho ritrovato gli auricolari. E non preoccuparmi,prenderla con calma. Anche se sembro un pagliaccio. Anche se sbatto la testa contro la porta del treno non riuscendo a stare in piedi. Anche se nessuno mi seguirà a fare due passi nel telefilm con starman in sottofondo. Perché non è la prima volta. Non è la prima volta che non ho più fiducia nell' umanità .

E intanto Matilda mi guarda e scommetto che un pò si trattiene dal ridere,perché a forza di sentire certe cose l'unica soluzione credo che sia proprio quella.

lunedì 11 gennaio 2010

è inutile piangere per il latte scaduto



Ecco qual'era il guaio di esser scrittore,il problema era dato dal tempo libero,troppo tempo libero.
Dovevi stare ad aspettare l'ispirazione finché potevi scrivere e mentre aspettavi impazzivi,e mentre impazzivi bevevi e più bevevi e più impazzivi. Non c'era proprio niente di bello nella vita di uno scrittore o di un bevitore.

E Matilda tutto questo lo sapeva bene.
E la sua vita le suonava ciclica e ripetitiva,un continuo ripetersi degli stessi eventi.
Sarebbe stata pronta a dire che l'autunno non avrebbe mai portato nulla di entusiasmante nella sua vita.
L'unica cosa a cambiare era il quantitativo di tempo passato senza rendersi conto di cosa facesse.
Ogni giorno si sentiva più intontita,stordita.
Temeva di perdere i timpani da un giorno all'altro a forza di ascoltare ore e ore di musica in cuffia.
Sempre più sovente vagava per la città senza rendersi conto di quale fosse la giusta strada per arrivare alla giusta meta.
Parlava e rideva da sola,in continuazione.
Ed allo stesso tempo litigava sempre di più con tutti,senza saper il motivo.
Si sentiva irascibile e non esitava a scaricare i suoi mali sugli altri mettendo le dita nelle piaghe più profonde.
Solo un dubbio le restava impiantato nel suo cervello,cosa la spingeva a fare tutto questo?

domenica 10 gennaio 2010

Woodstock è un peluche nella mia camera



Che vomita una volta al mese e dice che è tutto normale. In fondo è solo il fegato che ne patisce. E non da meno è il cibo del McDonald's. Suonava allucinante la scoperta che mai Matilda avrebbe patito dolori mestruali. Perché in fondo sono io a decantare le sue gesta. E certe cose sinceramente se non si sanno è meglio non dirle. Collezioni di disastri e fallimenti. I week-end demoralizzano,ma non puoi farci nulla. In fondo si gioisce all'attesa del giorno di festa. Ma una ragazza di oggi può uccidersi,quindi quale gioia dovrebbe attendere? La gente comprendere che non tutti amano il valium. Come la storia dei pantaloni a vita bassa che se non li possiedi puoi considerarti out. Ascoltiamo Vasco Brondi che ci renderà alternativi al punto giusto. Non dovremo far altro che gridar parole a vanvera e indossar abiti a caso. Poi dicono che l'alcolismo è una piaga dei nostri giorni e ci sputano in faccia seduti in piazza Castello a strafarci di birra. Se ci rivediamo tra 20anni ti regalo un paio di ciabatte sottomarca così non avantaggiamo le multinazionali. Sperando di non perder mai le chiavi di casa,perché gli spacciatori all'angolo della strada non ne possiedono una copia. Il mondo è pieno di film pessimi da guardar in quell'immenso divano. Ma non c'è nemmeno una nicchia per Natalie Portman e Gary Oldman. Il mio migliore amico è un tipo solitario e mi ha promesso che non ci saremo mai conosciuti. Io e lui naturalmente. Capiscilo,ha i suoi perché. Poi con tutto quello che scriviamo non lasceremo mai un segno,né otterremo mai denaro sufficiente per un solo pasto. In fondo han cancellato anche le scritte sul muro del Regio. Fu proprio quel giorno che capii che in fondo tutto è inutile.

sabato 9 gennaio 2010

fatiscenti verità

Unica era la certezza nella sua vita.
Latte 70 non l'avrebbe mai scordata.

c'è bisogno di superman?



Matilda quella mattina era davvero suscettibile.
Era piena di veleno che non sapeva come sputare fuori di se.
Finì persino per litigare con l'unica persona che ancora sopportava nella sua classe.
Ma non sapeva il perché,solo non ne poteva più.
Non ne poteva più di vedere gente illusa.
Gente che si credeva portatrice di esperienze memorabili.
DEI VERI RIBELLI!
Sembrava l'unica a rendersi conto che in quei cinque anni non avevano fatto altro che buttare nel cesso la loro giovinezza.
Credevano di esser sempre i numeri uno.
Si credevano forse dei sessantottini,dei sobillatori,dei guerriglieri.
Mentre ai suoi occhi non erano che discotecari cronici.
Intanto pioveva.
La pioggia per lei era mortale.
Il tedio voleva prendere il sopravvento.
And we can be heroes just for one day.
Ma qui mancavano gli eroi.
C'eran solo teste di cazzo.

giovedì 7 gennaio 2010

Roggero è un nome difficile da portare



Quella notte,subito prima di dormire cercò di conciliare il sonno con un pò di musica.
Solite canzoni,un pò di musica internazionale,qualche cantautore italiano.
Nulla di nuovo per le sue orecchie,tantomeno per il suo cervello.
Capitò poi casualmente che si mise ad ascoltare Battiato,senza sapere il perché.
Fu ascoltando Voglio vederti danzare che comprese in parte la bellezza del mondo in tutto il suo squallore,nonostante tutto il negativo che lo circondasse.
Subito dopo si mise a dormire,cercando in qualche modo di non contaminar le sue orecchie con canzoni inutili.
Era come se avesse raggiunto lo zen.

mercoledì 6 gennaio 2010

siamo l'esercito del serT?



Matilda aveva ormai dimenticato il significato di convivenza civile.
I suoi genitori non li vedeva da giorni,erano ormai diventati presenze minime nella sua giornata.
Chiamate ridotte all’osso,quasi con la paura di arricchire le compagnie telefoniche.
“Ciao figlia,tuo padre sta bene.
Il tempo com’è?
Il cane abbaia?
Ciao figlia.”
Ma poi era arrivato il fatidico 6 gennaio.
Era un po’ come percorrere il miglio verde,tutto sommato.
L’indecisione era grande.
Meglio gettarsi a capofitto sui libri come l’appello disperato di un pentito all' autorità per evitare la pena di morte?
O forse era meglio vagare senza una meta cercando di pensare il meno possibile a ciò che sarebbe accaduto?
L’unica certezza era che l’indomani all’ansia avrebbe preso il posto l’agonia.
Matilda aveva sentito dire che nelle ultime ore di vita si riscoprono cose a cui di solito non si da mai grande importanza.
Ebbe l’occasione di sperimentarlo lei stessa.
Il gusto troppo alcolico dello spumante fatto in fabbrica,l’odore nauseante della sua sciarpa reduce di un capodanno eccessivamente sconclusionato,la noia per quella matematica fatta più da lettere che da numeri,l’eccessiva ricchezza di quei poeti che tutti definivano maledetti,improvvisamente diventati troppo umani ai suoi occhi,l’ingenuità di sua madre nel confondere macchie di birra sul tappeto con piscio di cane.
Ma la cosa che più le pesava era dover smettere di bere birra durante i pasti,fumare subito dopo,mangiare ad ore inconsuete,dormire quando gli occhi non reggevano più lo stare sveglia.
Anche se dover studiare matematica non era un problema minore,in verità.
Lei sapeva benissimo che non aveva utilità nella sua vita.
Se l’avessero costretta a pensare che 2+2=5 non si sarebbe fatta grandi problemi.
Le dava certamente più fastidio pensare Leopardi come neoclassico e Manzoni come romantico.
E poi le piaceva sognare il suo futuro studiando psicologia e finendo a diagnosticare i problemi degli altri per capire se stessa.
Oppure ritrovarsi in una comunità di alcolisti per cercar di far sopprimer loro un desiderio comune.
Aveva sentito di un posto dove ci finiva gente che beveva 4 litri di birra solo la mattina.
E non poteva negate che un po’ la storia l’avesse affascinata. A me sarebbe piaciuto un sacco avere Matilda come amante quello stesso giorno.
Certamente non l’avrei tradita,a differenza di Winston Smith in quel libro di Orwell.
L’avrei fatta stare in eterno con me in quella boccia di vetro che avevo trovato in salotto,che tutti quanti in casa reputavano orrenda.
Saremmo stati due di quelle bolle d'aria all’interno di essa,in un luogo eternamente distaccato dal tempo.
E invece era il 2010 e mi sentivo l’ultimo uomo in Europa.

lunedì 4 gennaio 2010

non è più domenica



Matilda bevve l'ultima birra rimasta.
Parlò a Joey,che le raccontò cose che forse solo lei avrebbe capito.
Fumò una delle sue Winston blu.
Poi ascoltò Cesare.
Pensò che se piangeva in fondo era solo normale.
Voleva dire che aveva un cuore.
La marmellata #25 non l'aveva ancora trovata.
Però tolti questi piccoli particolari la canzone non aveva torto.
Sarebbe collassata volentieri in quel momento.
Le veniva da ridere al pensiero che lei fosse coricata sul letto dei suoi genitori ripensando alle poche persone a cui aveva detto di voler bene.
Rideva al pensiero che il suo cane se ne stava steso solo nella sporcizia e che se quella sera fosse uscita si sarebbe persa in discorsi inutili.
Che avrebbe perso l'occasione di pensare.
Cosa che non faceva da tempo.
Era l'ultima occasione di pensare,forse.
Due giorni dopo sarebbe stata di nuovo travolta da un quantitativo folle di impegni.
Scuola,patente di guida,tesine,genitori.
La solita routine.
Un pò era dispiaciuta che H non volesse leggere ciò che aveva da dire al mondo.
Che forse avrebbe preferito ascoltare una canzone dedicata ad personam anziché ritrovarsi un esorbitante numero di parole associate casualmente.
Che non sarebbe stata più domenica per parecchio tempo.
Decise che il giorno dopo avrebbe tentato l'ultima fuga di casa.
Avrebbe cercato un anonimo vaso.
Avrebbe cercato di far germogliare qualche fiore.
Non dei fiori qualunque,nemmeno dei fiori del male.
Dei fantastici non ti scordar di me.
Qualcuno avrebbe approvato,qualcuno avrebbe capito.
Qualcuno che preferiva i gesti alle parole.

volevi forse chiedere aiuto?



Matilda avrebbe voluto urlare quella notte. Avrebbe voluto urlare tutto il suo disprezzo. Avrebbe voluto urlare così forte da coprire l'abbaiare del suo cane. Così forte da far svegliare i vicini. Tanto forte da farsi sentire dall'intera umanità. Avrebbe voluto urlare tutta la sua frustrazione per quel mal di testa che le provocava il sonno represso. Avrebbe voluto gridare la sua insoddisfazione anche ora che era attorniata da amici. Avrebbe voluto spiegare come fosse insensata una repubblica fondata sul lavoro in nero,la mafia,gli spaghetti e il mandolino. Avrebbe voluto spiegare perché non riusciva a ridere come tutti dopo un pò di alcol davanti a film demenziali di sottomarca alla tv. Solo che nemmeno lei sapeva il perché di tutto ciò. Si rivedeva in quel quadro di Munch,solo che i colori erano meno esasperati,l'ambientazione casalinga. Si chiedeva cosa ci facesse alle due di notte sola come un cane in camera sua,mentre i suoi amici si davano alla pazza gioia. In fondo gli anni zero si erano appena conclusi e lei non sapeva che cosa avrebbe mai raccontato di tutto quel periodo della sua breve esistenza. In un certo senso sperava che nel 2012 terminasse il mondo così che non dovesse vedere la fine dei suoi anni adolescenziali,ritrovarsi una persona adulta e forse anche sola. Ma ancora più importante sentì il dover stillare una lista di buoni propositi per gli anni a venire. Non riuscendo a scrivere nulla si rese conto che per certe domande era inutile cercare di darsi una risposta,come certe volte era inutile prefissarsi degli obbiettivi. Fu a quel punto che decise di andare a dormire.

Io in quella sera inconsciamente la sentii più vicina che mai,tanto da chiedermi,a un certo punto,se le nostre menti si fossero congiunte anche solo per un attimo.

domenica 3 gennaio 2010

siate soli,smile.



Matilda andò davanti allo specchio e decise di guardarsi in faccia.
Profonde occhiaie nere le solcavano il viso,aveva l’aria di una persona distrutta.
La sera scorsa aveva di nuovo bevuto tanto da star male e vomitare tutto quello che aveva mangiato.
Ne era consapevole,nonostante molti dei ricordi di cosa fosse accaduto erano annebbiati.
Pensò che in fondo era capodanno e alle volte possono capitare cose simili.
Ma era pienamente consapevole che stava soltanto illudendosi di non avere un problema.
Infatti bevevo e fumava troppo in quei giorni e di certo tutto ciò non le faceva affatto bene.
Non credeva di esser una alcolista anche quando si ritrovava a bere da sola alle 3 di pomeriggio in casa.
Ma in fondo lo sapeva benissimo che cercava di dimenticare la persona migliore che avesse mai conosciuto in tanti anni.
Era un ragazzo così ribelle,così artista,così acculturato.
E ormai si erano persi di vista,non avrebbero più parlato seriamente come prima.
Ad ognuno dei due spettavano nuovi progetti,nuovi sogni,nuovi amori,nuove amicizie,altre persone con cui parlare delle cose più profonde,direzioni diverse.
Ma lei non riusciva ad accettare tutto ciò.
Non era in grado di vivere per se stessa,
Aveva bisogno di qualcuno al quale potesse raccontare tutto,dalle idiozie più stupide ai maggiori problemi che la travolgevano.
Qualcuno con cui piangere,con cui ridere,con cui scherzare.
Qualcuno che avrebbe volentieri condiviso il meglio della sua esistenza senza sentir tutto ciò come un peso.
Evidentemente le mancava l’amore.
Quanto le mancava l’amore.
Ma la cosa non le piaceva affatto.
Si mise due dita in gola e vomitò quel poco che restava dei suoi pasti scarsi degli ultimi giorni nel lavandino.
Ma non le scese nemmeno una lacrima nel far tutto ciò.
Solo una goccia di sangue scesale dal naso le attraversò la guancia sporcandogliela per poi formarsi sulle labbra che in quel momento erano contratte in una strana smorfia.
Stava sorridendo, le sue labbra stavano formando un sorriso,un sorriso alquanto sadico ma non di disperazione.

buongiorno M.

Matilda era il surrogato della mente del suo creatore.
Chi egli fosse però non è dato a noi sapere.
Se fosse figlia dei suoi genitori o della decadenza urbana,morale e filosofcia erano in molti a chiederselo.
Lei non cercava Dio nell’Io ma se stessa negli altri.
Lei non avrebbe mai detto di esser una persona normale,ma tanto meno una persona diversa.
Io non ricordo bene quando è stata la prima volta che l’ho vista.
Ricordo solo che subito ne ebbi paura,ma allo stesso tempo profonda ammirazione.
Ricordo che era magrissima,credo la presi per anoressica di primo acchito.
I suoi capelli castano scuro,quasi neri,che in parte le coprivano gli occhi scuri e tenebrosi dall’aria languida e malinconica portati come una sorta di caschetto,tagliato in maniera del tutto casuale.
Erano i suoi capelli a darle quell’ aria di persona trascurata e sciatta.
Credo che fosse lei stessa a tagliarsi così i capelli con semplici forbici da cucina.
Il suo viso sembrava quello di una bambina cresciuta troppo in fretta,seppur fosse già quasi alla fine dell’adolescenza,una bambina che aveva visto e subito cose bruttissime per la sua tenera età.
Suppongo che con il tempo io mi sia innamorato di lei.
Indossava costantemente pantaloni strettissimi e distrutti,strappati,sbiaditi,lacerati che davano l’impressione che avesse combattuto mille battaglie.
Le mani costantemente coperte da maglie di numerose taglie in più, con enormi cappucci che non di rado le nascondevano la testa e il volto rendendola irriconoscibile a chi le passasse di fianco.
Amava il nero nei suoi vestiti.
Era una persona solitaria,ma allo stesso tempo si sentiva tremendamente sola.
Era tremendamente timida ed ossessionata dalla sua incapacità nel comporre qualunque cosa che richiamasse in qualche modo l’arte.
Si riteneva una persona astratta senza grandi ideali.
Pensava che in fondo il mondo si suddividesse in quattro grandi categorie:le persone concrete (che detestava),quelle totalmente astratte che riteneva eccessivamente fuori dal mondo,le persone concrete con grandi ideali che trovava utopiste e quelli come lei che erano i più incomprensibili ma
anche i più affascinanti ai suoi occhi.
Lei non si amava affatto e si sentiva tremendamente egoista.
Voleva sempre il meglio per se stessa, anche se si trattava di qualcosa di irraggiungibile o ne conseguiva una altrui infelicità.
Anche per questo si sentiva sempre tremendamente giù di morale ed aveva una concezione del mondo e della vita tremendamente pessimista,dato che il conseguimento dei suoi desideri risultava il più delle volte al limite della follia.
Il suo cervello era divorato da ragni paranoici che si divertivano a creare continuamente intricate ragnatele di pensieri per poi distruggerle creando il caos più totale.
Un caos calmo visto da fuori,all’esterno della sua mente contorta.
Matilda odiava la notte poiché in quel momento i ragni si mettevano più facilmente all’opera.
Andava costantemente a letto con lacrimosi enormi che le attraversavano la faccia sperando che tutto ciò un giorno sarebbe cambiato,come di continuo le ripeteva Luigi Tenco dalle cuffie del suo mp3.
Solo che lui aveva deciso di uccidersi per far capire al popolo italiano l’inutilità della pateticità.
Lei non sarebbe mai arrivata a tanto, aveva troppa paura di uccidersi, forse più che amore per la vita.
E poi sapeva benissimo che dopo un simile gesto nulla sarebbe cambiato,come nulla sarebbe cambiato nella sua vita.
Matilda si vantava solo della sua cultura,l’unica cosa che riusciva a contraddistinguerla.
Amava la poesia,la filosofia,i cantautori e in parte l’arte moderna.
Niente a che vedere con quelle forme d’arte cristiana antica totalmente priva di significato personale.
Venerava Bukowski,approvava Schopenhauer e in parte Kierkegaard,piangeva leggendo parti del piccolo principe.
Matilda non era mai stata seriamente innamorata,o forse assai di rado,ma erano sempre delusioni cocenti.
Così il più delle volte aveva storie occasionali dettate dal desiderio di sentirsi coccolata.
Alle volte sentendosi schiacciata dai suoi problemi buttava giù parole su fogli di carta,il che la faceva sentire ancora più sola e finiva con l’innamorarsi di se stessa.
Matilda odiava gli psicologi,tanto da voler diventare uno di loro.
Era affascinata dal loro lavoro,ma frequentando uno di questi si era resa conto della loro totale inutilità.
Odiava anche i viaggi in treni troppo affollati poiché lì emergeva la superficialità delle persone ossessionate dai loro problemi poco filosofici di come si sentissero schiacciati,sporchi o scomodi
sentendosi i padroni del mondo.
E la scena si ripeteva di continuo ogni qual volta desiderasse respirare un po’ di vita.
Allora fuggiva dal suo minuscolo paese di provincia per eterni viaggi verso un centro del mondo abbastanza ipotetico.
La cosa si ripeteva in modo più illusorio con l’alcol,che ingurgitava in dosi spropositate,finché i pensieri non sparivano e il suo ego emergeva in tutta la sua totalità,dava libero spazio al suo subconscio.
Fumava tantissimo Matilda,come se dovesse dar aria ai polmoni,per ridurre l’agonia,per far passare il tempo,per distrarsi,per inerzia.
Odiava perdere le persone,gli amici,gli amanti,odiava perder parti di se.