riesco meglio ad affogare

E se staccano la mano che mi regge dalla pancia la paura è tanta,non mi sento ancora pronto.

giovedì 28 aprile 2011

Allargare gli orizzonti. Allagare l'orizzonte. Espandere il proprio pensiero fino al limite concesso.

Vado in giro con un eskimo che mi ricorda che la guerra è ormai finita. Una guerra che come tutte inizia con un gran desiderio di gloria. Per alcuni anche di potere. Ma non per me. La mancanza di un ideale che ti spinge a muoverti da casa. A partire verso mete ignote. In nome forse di una fratellanza universale. Per sentirsi più vicini al resto del mondo. Per tornare a casa con le ossa rotte. Ferite curabili e altre che lasciano segni per sempre. Per tornare alla campagna senza aver le idee chiare su ciò che è successo. Se una carneficina o la realizzazione di un ideale. Per esser visto da tutti come un mostro e pensare che gli altri non stiano capendo cosa significhi ciò che si è vissuto sul fronte. Perché la guerra è finita e c'è una strana euforia. Alcuni festeggiano pur sapendo di aver perso, perché smettono di soffrire la fame e la vita dura di trincea. Altri sono sconvolti da ciò che hanno dovuto vedere. Altri ancora -che siano masochisti?- in guerra vorrebbero tornarci. Così sperano che gli uomini tornino sui propri errori. Si facciano riprendere dalle loro passioni. Resta indubbio solo il fatto che è il più forte a vincere. Il potere che da alla testa e spinge a sragionare. Che non sempre rende felici, che lascia comunque crisi interiori e sensi di colpa. E ci sono i più deboli, i repressi, gli sconfitti. Che la guerra la perdono. Che si sentono sconfitti. Però cercano di ricostruire comunque ciò che è stato distrutto dopo i primi attimi in cui ci si sente impotenti. Senza le energie per ripartire. I soldi e le capacità. Ma poi nel bene o nel male riescono a ritirare su i muri. Gli edifici, le piazze. i luoghi d'incontro. Che si sentono portatori di una conoscenza terribile da tramandare ai propri figli e nipoti. Che sanno che nel bene o nel male passeranno alla storia. E così cercano di morire felici.

martedì 26 aprile 2011

tutti vogliono fuggire a loro modo dalla realtà



Una molletta rossa e stanca di vivere con le altre mollette ha deciso di farla finita e buttarsi di giù anziché assolvere al suo compito di molletta.
Un'altra molletta sola ha deciso però di farle compagnia gettandosi a sua volta giù dal balcone e mettendosi a fianco della compagna che aveva deciso di farla finita.
Io invece mi sento come l'unica molletta di ferro tra le mollette di plastica, diversa dalle altre e per questo emarginata, più pesante e dalle maggiori probabilità di cadere giù dal balcone ma allo stesso tempo più pregiata e degna di maggiori attenzioni. Così continuo a rimanere nel cesto dall'ironica forma di cuore con le altre mollette come se la vita fosse solo bellezza e amore.
Sto ricadendo all'esterno della promessa che mi ero autoimposto di vedere il mondo con occhi nuovi.
il che non è giusto quasi come l'ARIA chiuso fino al 2 di maggio e tu che ritrovi l'amore in men che non si dica, io che pur di uscire di casa perderò How I met your mother, la notte che ho passato a pensare perché le persone si perdono di vista e il numero di litigate assurde che ho fatto in vita mia, i sogni sulle lame del tagliaerba e tu che mi cercavi di nuovo con un modo strano di fare. Come quella volta che volevo invitarti a vedere i fuochi d'artificio ma ti conoscevo da due ore soltanto o quando andavo in piscina ad espiarmi quasi come Giulia non esce la sera e tu avevi la febbre e ancora mi piaceva quella frase del bombarolo che diceva che c'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo. Oppure quando mi sveglio alle 2 di notte e prendo a pugni il cuscino perché vorrei scriverti le cose più cattive per trascinarti nell'oblio ma mi trattengo finché non esplodo come un palloncino pieno d'acqua quando si facevano i gavettoni a Borghetto Santo Spirito al mare e io odiavo la mia infanzia da fallito già quando avevo 7 anni mentre ora che ne ho 19 da quel posto tranquillo e beato non ottengo che sventure e mali e litigi e brutte sorprese quuando si torna a casa in treno e tutti sono tristi perché siamo di nuovo a Bra, ci riattende il Chiosco con i suoi caffé a 1 euro e 10 che scazza a tutti ma non si va mai altrove, i quarti gradi in casa papà steso sul divano incazzato come sempre con il resto della famiglia e desideroso di altra tecnologia per appagarsi. Svegliarsi il giorno dopo e non aver il coraggio di cercarti, come sempre, attendere la prossima sbronza o la prossima emozione forte per dirti frasi senza senso che non potrai comunque interpretare.
Fare psicologia ed esserne tutti delusi ma esser comunque contenti di trovare bellissime persone. Tra due settimane sono a casa per tre mesi o a Taizé in camper o in Spagna o a Londra con i miei solo per fare shopping o al mare da solo cercando un pò di paradiso. O la va o la spacca. Vorrei vederti soffrire è il titolo più azzeccato che mai sia stato dato a una canzone. Seconda solo alla versione alterata di Valvonauta.
Quello che doveva esser il tuo addio sotto il chiostro di una chiesa con il vento che mi tira in testa i fiori ma sentirti per sms.
Una foto di una coppia è stata la mia illuminazione su cosa sia l'amore, erano felici ed era evidente che facevano gli idioti perché erano spensierati e stavano da dio insieme. Il vero peccato è che quest'epifania è giunta troppo tardi e chi mi ha insegnato a lungo cosa fosse l'amore ora si è stancato.
E' un vero peccato, ora mi sembrava tutto così tremendamente semplice. Fortunato chi verrà dopo che potrà ottenere la gioia senza il minimo sforzo se sa apprendere dai miei errori. Io mi ritiro senza deliberare.