riesco meglio ad affogare

E se staccano la mano che mi regge dalla pancia la paura è tanta,non mi sento ancora pronto.

domenica 3 gennaio 2010

buongiorno M.

Matilda era il surrogato della mente del suo creatore.
Chi egli fosse però non è dato a noi sapere.
Se fosse figlia dei suoi genitori o della decadenza urbana,morale e filosofcia erano in molti a chiederselo.
Lei non cercava Dio nell’Io ma se stessa negli altri.
Lei non avrebbe mai detto di esser una persona normale,ma tanto meno una persona diversa.
Io non ricordo bene quando è stata la prima volta che l’ho vista.
Ricordo solo che subito ne ebbi paura,ma allo stesso tempo profonda ammirazione.
Ricordo che era magrissima,credo la presi per anoressica di primo acchito.
I suoi capelli castano scuro,quasi neri,che in parte le coprivano gli occhi scuri e tenebrosi dall’aria languida e malinconica portati come una sorta di caschetto,tagliato in maniera del tutto casuale.
Erano i suoi capelli a darle quell’ aria di persona trascurata e sciatta.
Credo che fosse lei stessa a tagliarsi così i capelli con semplici forbici da cucina.
Il suo viso sembrava quello di una bambina cresciuta troppo in fretta,seppur fosse già quasi alla fine dell’adolescenza,una bambina che aveva visto e subito cose bruttissime per la sua tenera età.
Suppongo che con il tempo io mi sia innamorato di lei.
Indossava costantemente pantaloni strettissimi e distrutti,strappati,sbiaditi,lacerati che davano l’impressione che avesse combattuto mille battaglie.
Le mani costantemente coperte da maglie di numerose taglie in più, con enormi cappucci che non di rado le nascondevano la testa e il volto rendendola irriconoscibile a chi le passasse di fianco.
Amava il nero nei suoi vestiti.
Era una persona solitaria,ma allo stesso tempo si sentiva tremendamente sola.
Era tremendamente timida ed ossessionata dalla sua incapacità nel comporre qualunque cosa che richiamasse in qualche modo l’arte.
Si riteneva una persona astratta senza grandi ideali.
Pensava che in fondo il mondo si suddividesse in quattro grandi categorie:le persone concrete (che detestava),quelle totalmente astratte che riteneva eccessivamente fuori dal mondo,le persone concrete con grandi ideali che trovava utopiste e quelli come lei che erano i più incomprensibili ma
anche i più affascinanti ai suoi occhi.
Lei non si amava affatto e si sentiva tremendamente egoista.
Voleva sempre il meglio per se stessa, anche se si trattava di qualcosa di irraggiungibile o ne conseguiva una altrui infelicità.
Anche per questo si sentiva sempre tremendamente giù di morale ed aveva una concezione del mondo e della vita tremendamente pessimista,dato che il conseguimento dei suoi desideri risultava il più delle volte al limite della follia.
Il suo cervello era divorato da ragni paranoici che si divertivano a creare continuamente intricate ragnatele di pensieri per poi distruggerle creando il caos più totale.
Un caos calmo visto da fuori,all’esterno della sua mente contorta.
Matilda odiava la notte poiché in quel momento i ragni si mettevano più facilmente all’opera.
Andava costantemente a letto con lacrimosi enormi che le attraversavano la faccia sperando che tutto ciò un giorno sarebbe cambiato,come di continuo le ripeteva Luigi Tenco dalle cuffie del suo mp3.
Solo che lui aveva deciso di uccidersi per far capire al popolo italiano l’inutilità della pateticità.
Lei non sarebbe mai arrivata a tanto, aveva troppa paura di uccidersi, forse più che amore per la vita.
E poi sapeva benissimo che dopo un simile gesto nulla sarebbe cambiato,come nulla sarebbe cambiato nella sua vita.
Matilda si vantava solo della sua cultura,l’unica cosa che riusciva a contraddistinguerla.
Amava la poesia,la filosofia,i cantautori e in parte l’arte moderna.
Niente a che vedere con quelle forme d’arte cristiana antica totalmente priva di significato personale.
Venerava Bukowski,approvava Schopenhauer e in parte Kierkegaard,piangeva leggendo parti del piccolo principe.
Matilda non era mai stata seriamente innamorata,o forse assai di rado,ma erano sempre delusioni cocenti.
Così il più delle volte aveva storie occasionali dettate dal desiderio di sentirsi coccolata.
Alle volte sentendosi schiacciata dai suoi problemi buttava giù parole su fogli di carta,il che la faceva sentire ancora più sola e finiva con l’innamorarsi di se stessa.
Matilda odiava gli psicologi,tanto da voler diventare uno di loro.
Era affascinata dal loro lavoro,ma frequentando uno di questi si era resa conto della loro totale inutilità.
Odiava anche i viaggi in treni troppo affollati poiché lì emergeva la superficialità delle persone ossessionate dai loro problemi poco filosofici di come si sentissero schiacciati,sporchi o scomodi
sentendosi i padroni del mondo.
E la scena si ripeteva di continuo ogni qual volta desiderasse respirare un po’ di vita.
Allora fuggiva dal suo minuscolo paese di provincia per eterni viaggi verso un centro del mondo abbastanza ipotetico.
La cosa si ripeteva in modo più illusorio con l’alcol,che ingurgitava in dosi spropositate,finché i pensieri non sparivano e il suo ego emergeva in tutta la sua totalità,dava libero spazio al suo subconscio.
Fumava tantissimo Matilda,come se dovesse dar aria ai polmoni,per ridurre l’agonia,per far passare il tempo,per distrarsi,per inerzia.
Odiava perdere le persone,gli amici,gli amanti,odiava perder parti di se.

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