riesco meglio ad affogare

E se staccano la mano che mi regge dalla pancia la paura è tanta,non mi sento ancora pronto.

giovedì 19 maggio 2011

Le notti di Cioran

La notte sta ormai diventando sinonimo di eterne congetture. Questa notte mi sono svegliato 4 volte nell'intervallo di tempo compreso tra mezzanotte e le quattro della mattina, solo nel mio letto, a riflettere. Mi sono reso conto di come manchi in me un'idea del possesso delle persone che mi stanno intorno. Il che mi porta ad avere continui equilibri precari. Trovato un equilibrio, questo si mette in movimento. Iniziata la pace torna la guerra. Trovata un'oasi questa si prosciuga. Creato un palazzo non reggono le fondamenta. Mia madre, mio padre, mia sorella, il mio migliore amico, la mia ragazza, il mio gruppo di amici. Ma chi è a render mie queste persone? Nessuno. Non sono altro che compagni di vita. Persone che oggi sono qui, al mio fianco, domani probabilmente saranno già altrove. Lontano da me. Forse per questo son così geloso, perché spero di poter incatenare le persone a me. Renderle mie. Anche se non di mia proprietà. Fare in modo che non possano andarsene. Obbligarle a non andarsene. Perché se tutti se ne vanno io perdo ancora l'orientamento. Devo cercare altri modelli da seguire. Crearmi nuove ancore. Soffrire. Non so trovare appiglio in me stesso. Ci vuole tempo. Tanto. Troppo. E temo che a me quest'idea proprio non vada giù.
Perdendo lei non ho perso solo una ragazza. Ho perso un'amica, una sorella, una madre, una compagna di guerra, una compagna di pace, una compagna di vita, un prete, un confessore, una psicologa ed una analista, un lago nel deserto, una roccia nel fiume.
Io perdendo lei ho perso un miracolo.


19 maggio 2011, verso le 8 della mattina, prima di un maledetto esonero che di certo non passerò.

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